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Archive for luglio 2013

Lettere senza destinatario

Nicoletta Tomas Caravìa

La stanza è silenziosa,
il vento sulla strada,
una nenia leggera.

Qualcuno, in altre stanze,
frantumerà i minuti,
sgranerà il rosario dei ricordi
lancerà al cielo il suo appello
muto e disperato.

Anch’io ho perduto.

C’è un monologo lento,
intermittente, la mia questua
di tregua ai colpi secchi,
pesanti della sorte.

Mi perdo in giorni
senza calendario;
inciampo in anfratti
di nebbia e parlo di me
con la mia ombra.

(luglio 2002)

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4

E poi come lo spieghi a chi ti ama che tu la libertà l’hai persa per sempre?

Come lo dici che fingi, che tutta la forza che vedono fuori è solo l’abito che hai scelto di indossare?

Come lo spieghi a chi vuole starti vicino che ogni cosa è cambiata, che null’altro ti sembra più una montagna da scalare, che tutto il resto è contorno e i limiti che davvero esistono sono solo quelli che noi scegliamo di vivere?

Come lo spieghi a chi ti ama che sei totalmente dissociata, divisa in due come due pagine di un libro aperto, che la giovane donna forte, combattiva, determinata e ambiziosa con cui hanno a che fare non è altro che l’ombra di un’identità altra?

Come lo spieghi a te stessa che per l’ennesima volta non sei che un ossimoro, una malata sana, una viva morta, una coraggiosa disperatamente piena di paura?

Come lo spieghi a chi ti ama che anche se sei brava a far credere il contrario sei tremendamente terrorizzata? Come lo dici che sei stanca di lottare?

Come lo spieghi che non sempre amare vuol dire capire?

 

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5 (2)Mi spingo oltre il dolore

dove nessuno sospetta che si soffra

in una zona di pelle mai colpita

cupa come l’avambraccio

o molata dall’osso come il gomito.

Striscio piano con l’anima

coperta da scaglie rosso-grigie

per sostenere i rovi

e lasciare a terra il sangue minimo.

Un passo – sono paziente –

e il corpo ha imparato a frusciare dentro l’erba.

Da molto lontano – da un’alba di ottobre

da un oggetto mosso nella sabbia del lago

viene ciò che la pena contempla:

un paesaggio

dove non si può dormire.

Era una lunga immagine

il mormorio di un brivido.

Troppo tardi si compone l’astuzia di ogni sera

fingere che il mio braccio sia il tuo

che stringa la mia mano

di nuovo, senza pace.

(Antonella Anedda)

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4 (4)

Perché finalmente lo abbiamo imparato che c’è tempo soltanto se c’è un tempo, un tempo per ogni cosa.

Un tempo per perdere tempo.

C’è un tempo per cambiare e un tempo per tornare gli stessi di sempre, un tempo per gli amori e un tempo per l’amore, un tempo per essere figli e un tempo per farli, i figli. C’è un tempo per raccogliere tutte le sfide, un tempo per combattere tutte le battaglie, un tempo per fare la pace, un tempo per esigerla, la pace.

E se c’è un tempo bellissimo per ricordare allora ce ne deve essere anche uno calmo per dimenticare.

Perché se c’è un tempo per dormire e uno per morire, forse – forse – se siamo sempre stati bravi e attenti, e continuiamo a tener gli occhi spalancati allora, forse, c’è anche un tempo infinito per sognare.

(Lella Costa)

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3 (2)

Hai il diritto di pensare che mi sono presa gioco di te,

che ti ho cercato in un momento di noia,

che sono stata preda dell’eccitazione olimpica.

Pensa quello che vuoi.

Ma la verità è una rete fatta di tanti fili intrecciati,

che sono le coincidenze, le occasioni mancate,

l’impossibilità di ricrearle,

e il filo più vistoso, quello che chiude la rete,

è la necessità di non raccontare tutto,

di tenere qualcosa per sé,

di lasciare delle maglie di silenzio.

(Margherita Oggero)

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5 (2)Una perla conficcata dentro al cuore:

la mia paura.

E’ una goccia di luce fredda.

E’ una lacrima cristallizzata.

Vorrei che non ci fosse,

ma e’ qui dentro di me:

incastonata come un gioiello

dentro al mio cuore.

Inutile, impossibile strapparla.

Devo imparare

– e’ questa la cosa piu’ difficile –

a non aver paura della mia paura.”

(Alda Merini)

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…..chissà se c’è…..

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5L’amore? Non so.

Se include tutto,

anche le contraddizioni

e i superamenti di sé stessi,

le aberrazioni e

l’indicibile,

allora sì, vada per l’amore.

Altrimenti, no.

(Frida Kahlo)

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2

(foto rubata.. http://cirofreelander.wordpress.com)

Vorrei un amore

non ora, ma dopo

un amore

come un delirio

che disseta

che affoga

un amore

ma in attesa

nella circonferenza della luce

sdraiato sulle bugie

allungato sulle brame

lo vorrei

in attesa

non ora

ma dopo.

(Delara Ghahreman)

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4 (3)LA SIGNORA DEI BACI

Una signora voleva tanto dargli dei baci

non dico tanti, anche solo sette otto

(mila). Invece era proibito perciò non glieli dava.

Se però non fosse stato proibito glieli avrebbe dati tutti

dal primo all’ultimo.

A cosa servono i baci se non si danno?

 

LA SIGNORA IN FRETTA

Il persempre era ormai cortissimo diventato.

Quanti Natali erano rimasti?

Una manciata.

Allora bisognava non sprecare nemmeno un minuto?

Sì, bisognava spicciarsi, per questo lei, in fretta,

lo adorava.

 

LA SIGNORA DELL’ULTIMA VOLTA

L’ultima volta che la vide

non sapeva che era l’ultima volta che la vedeva.

Perché?

Perché queste cose non si sanno mai.

Allora non fu gentile quell’ultima volta?

Sì, ma non a sufficienza

per l’eternità.

(Vivian Lamarque)

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3 (3)

IL SIGNORE DI FRONTE

Era un signore seduto di fronte a una signora seduta di fronte a lui.

Alla loro destra/sinistra c’era una finestra, alla loro sinistra/destra c’era una porta.

Non c’erano specchi, eppure in quella stanza, profondamente, ci si specchiava.

 

IL SIGNORE NEL CUORE

Le era entrato nel cuore.

Passando dalla strada degli occhi e delle orecchie

le era entrato nel cuore.

E lì cosa faceva?

Stava.

Abitava il suo cuore come una casa.

 

IL SIGNORE SOGNATO

Splendidissima era la vita accanto a lui sognata.

Nel sogno tra tutte prediletta la chiamava.

E nella realtà?

La realtà non c’era, era abdicata.

Splendidissima regnava la vita immaginata.

 

IL SIGNORE INTOCCABILE

Nei sogni baciabilissimo

intoccabile come un filo scoperto nella realtà

era quel signore.

Allora come fare?

Bastava confondere un poco sogno e realtà

cancellare con una bianca gomma

l’inutile linea di confine.

 

IL SIGNORE ANDATO VIA

Era un signore andato via.

A lei qui rimasta tantissimo mancava.

La traccia da lui lasciata segnava ovunque

intorno a lei l’aria.

Come un quadro spostato

per sempre segna la parete.

(Vivian Lamarque)

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4 (3)

Ho preso l’abitudine di abbracciarmi da sola!

Ci sono sempre per me, quando mi chiamo non ho impegni,

non mi infastidisco per la perdita di tempo, mi capisco, so perfettamente cosa voglio dire quando parlo confusamente tra i singhiozzi, mi scuso da me e non ci sono conseguenze, equivoci od offese quando do di matto.

So compatirmi e tollerarmi quando sono odiosa fino all’inverosimile, ingestibile, villana e capricciosa.

Ho preso l’abitudine di abbracciarmi da sola perché se dovessi aspettare che qualcuno lo faccia, morirei di freddo.

Non ho a chi chiederli questi abbracci, ma dopo un po’ non se ne sente neppure la mancanza, o l’esigenza, si ha solo la percezione di un retrogusto che sa di calore e completezza quando se ne ricevevano;

probabilmente, se ci fosse qualcuno a donarmeli,

li rifiuterei non riconoscendone l’intenzione.

(Mariella Buscemi)

 

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