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Archive for settembre 2011

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Per evolversi la vita deve fare male.
Il dolore è una terraferma.
L’uomo sicuramente può contare sul dolore perchè è l’unica cosa,
da sempre.
La gioia è errabonda.
Da tempo ho una febbre insolita,
una febbre che brucia.
Sono diventata adiposa e grassa come una qualsiasi donna ansiosa,
e non so più fare miracoli,
proprio perchè non so più soffrire.
E’ il dolore che ci fa crescere ed è il dolore che ci fa morire.
Se togliamo il dolore,
togliamo il tavolo sul quale mangiamo ogni giorno.
Senza dolore finiremmo costretti a mangiare per terra…

(Alda Merini)

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Si cammina sul filo degli anni

da esperti funamboli.

È un difficile andare ma si va.

E intanto il mondo, attorno,

muta faccia e colore.

Senza posa

ogni creata cosa

in poco d’ora ci diventa strana.

E con le cose ci mutiamo noi,

d’oggi in domani.

Solo sta fermo nel fondo di noi

quel nostro tempo primo,

l’infanzia, all’ombra della madre, sotto

il crocifisso piccolo di avorio.

(Diego Valeri)

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Vicini,

solo per poco,

ci ha posto

l’universo

assegnandoci

con parsimonia

uno scampolo di tempo

sul quale ricamare

una misera manciata

di momenti vissuti

insieme

una matassa di seta

con cui tessere

il drappo incompiuto

della nostra storia

e un filo infinito

che ora unisce me a te.

Dovunque sei.

(Slawka G. Scarso)


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Lasciai cadere il tempo sul tuo nome,

come si adagia il marmo sulla terra e

l’acqua si sparge sulle braci.

Mi vestii di lutto come le donne che disfano

le culle vuote da tanto le guardano;

e vidi il sangue scendere finalmente sulla ferita,

come la cera che si rapprende sul palmo della mano

prima di perdersi nelle dita in polvere.

Se ti dimenticai,

fu perché volli qualcuno che mi chiamasse,

un corpo che fosse un altro sul mio corpo,

una voce offerta per la mattina.

Ma niente, ma nessuno.

Se il tempo non si fosse abbattuto sul tuo nome,

avrei potuto almeno ora ricordarti –

poiché non c’è lapide senza corpo

né cenere che non abbia arso.

E la casa è oggi più fredda che mai:

lasciai passare il tempo sul tuo nome,

e non c’è focolare, non c’è nido,

non ci sono figli che si possano perdere da me,

 candele per riempire di memoria questo silenzio.

(Maria do Rosário Pedreira)


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Stai vicino alla finestra mentre le luci ammiccano

lungo la strada.

Da qualche parte un tram, che porta

a casa commesse e impiegati, passa sferragliando in questa

sera del Sabbath.

Un gatto nel cortile piange

perché trova il bidone dell’immondizia chiuso;

gli strilloni iniziano il loro giro che trasforma omicidi in penny.

Siamo chiusi in casa, per un po’ al sicuro, salvi

fino a domani.

Ti sfili il vestito, ti arrotoli le calze, attenta a non smagliarle.

Nuda ora,

soffice luce su soffice carne,

ti fermi un attimo; ti volti di fronte a me –

sorridi come sanno fare solo le donne

che hanno giaciuto a lungo con il loro amante

uscendone più vergini.

La nostra cena è semplice, ma noi siamo meravigliosi.

(Kenneth Patchen)


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Questa vita è uno strano albergo,

da dove si parte quasi sempre storditi,

poiché le nostre valigie non sono mai pronte,

e il nostro conto non è mai saldato.

(Mário Quintana)

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Perché chiedo dove sei,

se cieco non sono,

se assente tu non sei?

Se ti vedo

andare e venire,

te, il tuo corpo alto

che termina in voce,

come in fumo la fiamma,

nell’aria, impalpabile.

E ti chiedo se,

e ti chiedo di che sei,

di chi;

ed apri le braccia

e mi mostri

l’alta immagine di te,

e mi dici ch’è mia.

E t’interrogo sempre.

(Pedro Salinas)

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Mi ha assalito un’acre nostalgia,

come la gente d’una vecchia foto che vorrebbe

tornare con chi la guarda, nella buona luce

della lampada.

In questa casa, penso a come l’amore

in amicizia muta nella chimica

della nostra vita, e all’amicizia che ci rasserena

vicini alla morte.

E quanto è simile ai fili sparsi la nostra vita

che piú non sperano di tessersi in altro ordito.

Giungono dal deserto voci impenetrabili.

Polvere che profetizza polvere. Passa un aereo

e ci chiude

sotto la lampo di un grosso sacco di destino.

E il ricordo di un viso amato di ragazza

trascorre per la valle, come quest’autobus

notturno: molti

finestrini illuminati, molto viso di lei.

(Yehuda Amichai)


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Nulla posso dire di te trascorri nell’ombra

E’ per questo che nell’oscurità sei la mia guida

Innominabile mi offri la schiena

per il mio tatto e le mie ansie il cammino dei re

e nella tua superficie profonda cade il mio spirito cieco

un raggio assetato di se stesso Tu sei un’altra cosa

Posso entrare in te soltanto come interferenza

affinchè le mie carezze siano portate

come i resti d’un naufragio

dall’incommensurabile fiume di parole

che sotto la tua pelle attraversa l’infinito spazio del silenzio

(Alejandro Jodorowsky)

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 E malgrado tutto

 malgrado la musica

 che si ripete incessantemente

 fino allo spargimento del cuore

 malgrado io non ti veda

e il giorno si apra

con la perenne angoscia

di non incontrare nessuno

tu continui a addossarmi

un numero di ombre

che non entrano

nel mio cuore

tu non sai quanto una forma di donna

può essere circoscritta

dalle ansie di molti uomini

ma non è vero amore

è l’ansia di vedermi risuscitare

per una nuova gettata di poesia

e con me costruiscono case

e ambienti

e idee per i loro sogni

quando mi vedono soffrire per te

pensano che io sia già morta

e di amor tuo

e chiamano tutti a vedermi

e battono le mani

per l’ingannevole successo della vita

ma io non li vedo nemmeno

(Alda Merini)


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Amore della mia vita, mi hai ferito 
mi hai spezzato il cuore e ora mi lasci, 
amore della mia vita, non riesci a vedere, 
riportamelo indietro, rimportamelo indietro 
non portarlo via da me perchè tu non sai 
cosa significa per me! 

Amore della mia vita, non lasciarmi 
ti sei presa il mio amore, e ora mi abbandoni, 
amore della mia vita, non riesci a vedere 
riportamelo indietro, rimportamelo indietro 
non portarlo via da me perchè tu non sai 
cosa significa per me! 

Tu ti ricorderai 
quando tutto questo svanirà 
del tutto col tempo. 
Quando invecchierò 
sarò li al tuo fianco per ricordarti quanto ti amo ancora – Ti amo ancora! 

Torna, torna in fretta, 
per piacere riportalo a casa da me, 
perchè non sai cosa significa per me! 
Amore della mia vita 
Amore della mia vita! 


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Che importa se il tuo pugnale
trafigge la mia schiena?
Possiedo i miei versi, che sono
più forti del tuo pugnale!

Che importa se questo dolore
secca il mare e oscura il cielo?
Il verso, dolce consolazione,
Nasce alato dal dolore.

(José Martì)

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