E se tu, Madre,
non patissi il dolore
per il figlio, Tuo, crocifisso
E se nessun sangue
sgorgasse da nessun petto
Se l’amore fosse carezzarsi le costole
anziché affliggerle
Se dalla tempia non stillasse il
supplizio
Se il perdono non avesse da
perdonare
afflizione né tortura
Se l’Amore inneggiasse la sua
pienezza
Se i chiodi non servissero a
tormentare
Se io non fossi vittima né carnefice
allora potrei sentir cantare gli angeli
e la terra sospirerebbe sollevata
e l’acqua sgorgherebbe pulita
ed io, misera,
non avrei dentro il petto
il peso del pianto del mondo
che urla
ogni volta
che Cristo muore
nell’ingiustizia.
(Elisabetta Ternullo)
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“Il dolore ti colpisce in tutte le sue forme.
Una fitta leggera, un po’ di amarezza,
un dolore che va e viene,
la normale sofferenza
con cui conviviamo tutti i giorni.
Poi c’è un tipo di sofferenza
che non riesci ad ignorare,
una sofferenza così grande
che cancella tutti quanti i pensieri,
che fa scomparire il resto del mondo
e a un certo punto
non riusciamo più a pensare ad altro
che alla nostra sofferenza.
Come affrontiamo il dolore
dipende da noi.
Il dolore, ci anestetizziamo,
lo accettiamo, lo elaboriamo,
lo ignoriamo e per alcuni di noi
il miglior modo per affrontarlo
è conviverci.
Il dolore,
devi aspettare che se vada,
sperare che scompaia da solo,
sperare che la ferita
che l’ha causato guarisca.
Non ci sono soluzioni
né risposte facili,
bisogna fare un respiro profondo
e aspettare che il dolore
si nasconda da qualche parte.
La maggior parte delle volte
il dolore può essere sopportato,
ma a volte il dolore
ti afferra quando meno te lo aspetti,
ti colpisce sotto la cintura
e non ti lascia in pace.
Il dolore.. devi solo conviverci,
perché la verità è
che non puoi evitarlo
e che la vita
te ne porta sempre dell’altro.”
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Un bottone è quell’arnese
che serve a riunire insieme due cose,
o due parti di una cosa,
le quali, in mancanza di quell’utile intermediario,
rimarrebbero eternamente divise.
Certi strappi dolorosi,
certe fessure profonde,
certe scuciture irrimediabili,
non si verificherebbero affatto,
se la natura producesse spontaneamente
un bottone ovunque si spalancasse,
disgraziatamente,
una fenditura.”
(Pietro Coccoluto Ferrigni)
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Ho chiuso la mia finestra
perché non voglio udire il pianto,
ma dietro i grigi muri
altro non s’ode che il pianto.
Vi sono pochissimi angeli che cantano,
pochissimi cani che abbaiano;
mille violini entrano nella palma della mia mano.
Ma il pianto è un cane immenso,
il pianto è un angelo immenso,
il pianto è un violino immenso,
le lacrime imbavagliano il vento.
e altro non s’ode che il pianto.
(Federico Garcia Lorca)
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E’ assurdo
dice la ragione
E’ quel che è
dice l’amore
E’ infelicità
dice il calcolo
Non è altro che dolore
dice la paura
E’ vano
dice il giudizio
E’ quel che è
dice l’amore
E’ ridicolo
dice l’orgoglio
E’ avventato
dice la prudenza
E’ impossibile
dice l’esperienza
E’ quel che è
dice l’amore
(Erich Fried)
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Fabiana 15 anni…..
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“In fondo siamo tanto complicati solo perché desideriamo esserlo, perché la nostra malattia è diventata la nostra anima, perché il dolore ha finito col diventare piacere”.
(Vassilis Vasilikòs)
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Ci sono poesie che andrebbero messe in tasca,
per tirarle fuori quando servono.
Ci sono poesie che andrebbero caricate come pistole,
per premere il grilletto e ammazzare il dolore che, se rimane inspiegato, cresce.
(Giulia Carcasi)
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L’uomo che amo mi porta il caffè ogni mattina. E scaccia gli incubi della notte passandomi la mano sul viso.
L’uomo che amo è sempre presente. Anche quando è lontano. Perché talvolta l’amore non è fatto di piccoli gesti, ma della condivisione profonda di quell’oceano di dolore che ci si porta dentro.
L’uomo che amo è la parola che culla il mio lamento. Anche quando mi chiede di tacere. Perché talvolta è proprio il silenzio che aiuta a sopportare…
(Michela Marzano)
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Ora
…che ho provato
sulla mia pelle,so solo una cosa.
Il dolore…è dolore.
E non esiste nessuna risposta su cosa farne.
(Anna Bellon “labirinto degli specchi”)
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Ogni tanto colgo
attimi di gioia
soavi come musica senza tempo
leggeri
come tenui fiori
profumano ancora
d’amore e luce.
Dalle pieghe polverose del vissuto
emergono
un attimo appena
riscaldando ancora
il mio cuore strappato
prima di scomparire
soffocati dal dolore
che lentamente sfuma
anch’esso avviato
nello scorrere del tempo
che crea il passato.
(Lucia Tiziana Mignosa)
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Le trame dei miei sogni
sono di tessuto trasparente
Le ripongo come garze
per disinfettare le ferite
cerco di lenire il mio dolore
ma bruciano e si appiccicano
e ogni volta
sostituirle e’ uno strappo al cuore
(Cristiana Conti)
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La pratica dello stupro di gruppo di prigioniere da parte dei soldati era un fatto comune nei campi…
– recluso anonimo di Auschwitz –
Mi attirarono fuori dalla baracca
con promesse di cioccolata
e parole come ”Schätzchen”,
ma le altre donne sapevano,
e, ancor prima di udire i rumori là fuori,
mi chiamarono puttana dei soldati.
Anch’io sapevo,
ma la fame ha un modo tutto suo di cambiarti,
e di farti scordar chi sei.
Buffo, come vi possa essere speranza nella disperazione.
Gettarono la cioccolata per terra
e risero: ”Da friß.” La desideravo da impazzire,
ma il sapore fu di fango. ”Dreh dich rum, Judenschwein.”
Vidi enormi stivali neri, paia e paia,
e il terreno così fangoso
da far sprofondare il mio corpo.
Tirai su il mio abito da prigioniera ed allargai le gambe.
Erano così leggere e s’aprirono così facilmente
che ringraziai Dio, sapevo
che non avrei resistito.
Questo corpo non è più mio, questa fame;
finalmente, non c’è più motivo di lottare.
Mi chiedo ora se il loro desiderio di me
fosse una brama di morte:
fottere una donna calva ch’era soltanto pelle e ossa,
la cui unica salvezza era una tazza di zuppa acquosa
per cena, una fetta di pane raffermo,
e forse, se i soldati l’avessero di nuovo voluta,
questa volta, un pezzo di cioccolata vera.
(Stewart J. Florsheim)
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“Non sono un meccanismo, un insieme di diverse sezioni.
E non è perché il meccanismo funzioni male
che io sono malato.
Sono malato a causa delle ferite dell’anima,
al profondo dell’io emotivo,
e le ferite dell’anima tanto, tanto tempo impiegano,
solo il tempo può aiutare e la pazienza,
e una certa difficile contrizione,
lunga difficile contrizione, compressione dell’errore della vita
e il liberarsi dell’interminabile ripetersi dell’errore
che il genere umano a caso ha scelto di santificare.”
(D.H.Lawrence)
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