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Archive for ottobre 2011

Non mi nascondo dietro un sorriso
né all’ombra di un ramo sterile e anemico
non mi rifugio in sogni inaccessibili
e non conto le lucciole la sera
l’eco dei miei passi non si perde nell’inganno del vento
e la strada che calpesto non è fatta di specchi
ho mille cicatrici sulle mie labbra
una ad una parlano per me
e tutte valgono la mia vita
non voglio sentire il rumore di parole inutili
né voglio parlare a chi non ha udito
ho mille porte aperte nella mia casa
ma solo una rampa di scale praticabile
il resto è una giostra di facce indifferenti
il resto è un giorno che scivola nella notte
già alle prime luci dell’alba.

(Antonella del Guerra)

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E’  l’abbraccio una porta invisibile

Che appare d’improvviso

Quando due anime e due corpi si incontrano

La porta attraverso il quale l’uno entra nell’anima dell’altro

Ma non c’è bisogno di bussare

Né di chiedere il permesso

E’ una porta che si apre nel momento stesso

In cui si allargano le braccia verso l’altro

In segno di amicizia e di amore.

E’ apertura

Io sono entrato per questa porta

Conduceva al tuo cuore, alla tua anima.

Anche tu hai fatto altrettanto.

Era una porta alta e larga

Non era stretta

Perché un abbraccio si da con le braccia aperte e non strette.

Varcata questa porta si entra in una dimensione di intimità,

tale che nessun testo per quanto sia esplicativo

può descriverne la sensazione.

Un angolo di Cielo

(Enrico Mancini)


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Posa tra le mie braccia nude
quell’attimo invisibile di noi
il suono squillante di campane
nel ritrovare i nostri sguardi
l’oblio del disamore.
Posalo con occhi di bambina
con la purezza di un respiro solo
come la gemma più preziosa;
io farabutto e puttana
poeta del niente
che sfiora leggero il tuo viso
potessi seguire la curva della tua schiena
contarne le vertebre
sentirle ad una ad una sotto le dita
potessi calmare la sete
al centro preciso di te
e vivere come vivono gli astri,
per sempre e per un solo minuto.
Posa tra le mie braccia nude
lo spirito inquieto che danza
ritmando il bisogno di spazio e di cieli,
deserti e comete.
Non credere me consumato vestiario
scarno e sbiadito,
non chiudermi nel mausoleo del ricordo
dove tutto si copre di polvere,
ma posati in me, riposa l’affanno;
il tempo ha bisogno di tempo
per essere dono sublime.
Respiro l’assenza di te
e sono animale ferito

(Guido Mazzolini)

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Non lasciarti distruggere…

Aggiungi nuove pietre

E costruisci nuove poesie.

Reinventa la tua vita sempre, sempre

Rimuovi pietre e piante di rose e fai dolci. Ricomincia.

Fai della tua vita meschina

un poema.

E vivrai nel cuore dei giovani

e nella memoria delle generazioni che verranno.

Questa fonte è per l’uso di tutti gli assetati.

Prendi la tua parte.

Avvicinati a queste pagine

e non impedirne l’uso

a quelli che hanno sete.

(Cora Coralina)

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La vita ha due facce:
Positiva e negativa.
Il passato è stato duro
ma ha lasciato la sua eredità.
Saper vivere è la grande sapienza
che rende degna
la mia condizione di donna,
accettare le sue limitazioni
e diventare, come una pietra, la sicurezza
dei valori che stanno crollando.
Sono nata in tempi difficili.
Ho accettato contraddizioni
lotte e pietre
come lezioni di vita
e di queste mi servo.
Ho imparato a vivere.

(Cora Coralina)

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Nelle palme delle tue mani
Leggo le linee della mia vita.

Linee incrociate, sinuose,
interferendo nel tuo destino.

Non ti ho cercato, non mi hai cercato
andavamo soli per strade diverse.

Indifferenti, ci incrociammo
Passavi con il peso della vita …

Corsi incontro a te
Ti sorrisi. Abbiamo parlato.

Questo giorno è stato caratterizzato
con la pietra bianca della testa di un pesce.

E da allora camminiamo
uniti per la vita …

(Cora Coralina)


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Perchè l’amore è come un albero: cresce da solo,

spinge profondamente le sue radici in tutto il nostro essere,

e spesso continua a verdeggiare sopra un cuore in rovina.

E l’inesplicabile è questo:

che più questa passione è cieca, più è tenace.

Non è mai tanto solida

come quando non ha in sé nessuna ragione.

(Victor Hugo)

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Mi tengo il viso fra le mani;
no, non sto piangendo.
Mi tengo il viso tra le mani
per tenere calda la mia solitudine:
mani che proteggono,
mani che nutrono,
mani che impediscono
alla mia anima di vivere
nella rabbia.
(Tich Nhat Hanh)

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Gli uomini occasionali non mi derubano

Anche se rovistano con dita accanite

Nelle pieghe del corpo mio giovane

Come in portafoglio da qualcuno perso.

Gli uomini occasionali non mi tradiscono

Dimenticano sia il nome che il viso mio.

Arrivano, e poco prendono, e poco danno.

Si vestono e … semplicemente se ne vanno.

Gli uomini occasionali non chiedono fedeltà.

Nel loro viaggio verso le stazioni prossime,

gli occasionali restano occasionali.

Si toccano, s’infiammano e bruciano.

(Elka Vassileva)

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Vado pronunciando il tuo nome

e odo la mia voce,

lontana,

come se non fosse la mia

Ricordi che passano

mescolando immagini

e il suono della tua voce

con questa ferita

profonda che ti chiama…

e non rispondi.

Ti nomino,

sei luce

che illumina

per un istante

la mia coscienza

e poi…

il nulla,

la notte assoluta

e questo vuoto che mi fa soffrire

(Juan Baladán Gadea)


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Amo ogni tuo ciglio, ogni tuo capello, ti combatto in candidi corridoi

dove si giocano le fonti della luce,

ti discuto in ogni nome, ti strappo con delicatezza di cicatrice,

a poco a poco ti metto nei capelli cenere di lampo e nastri

assopiti nella pioggia.

Non voglio che tu abbia una forma, che tu sia esattamente

quello che viene dietro la tua mano,

perché l’acqua, pensa all’acqua, e ai leoni quando si

sciolgono nello zucchero della fiaba,

e ai gesti, architettura del nulla,

le loro lampade accese a metà dell’incontro.

Ogni domani è l’ardesia su cui ti invento e ti disegno,

pronto a cancellarti, non sei così, neppure con quei capelli lisci,

quel sorriso.

Cerco la tua somma, il bordo del bicchiere in cui il vino si fa

luna e specchio,

cerco quella linea che fa tremare un uomo

nella sala di un museo.

E poi ti voglio bene, nel tempo e nel freddo.

(Julio Cortazar)


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Sotto questa poesia d’amore

si nascondono le macerie dell’odio.

Sebbene questa poesia si smentisca

presumendo essere un’apologia alla vita

con la sua flora esposta all’ospite

la sua piccola testa ornata di ghirlande,

il suo volto dalle mille facce, illuminata.

Dietro l’altra sua faccia

il fuoco, la lingua delirante

che ride come un angelo apocalittico.

Il male mi occupa lo spazio e il tempo

quando cerco inutilmente l’ossigeno

della sua parola

la sua mano dolente

la sua sacra occupazione.

I componeneti dell’odio

vanno liberi e invadono tutti i fronti

di questa poesia che annega.

È che qualcuno decide in questa ora

le nostre morti.

Decide come e quando

prenderemo la pozione di veleno.

Qualcuno impazzito

che si leva dietro le ombre

di questa poesia

prendendo il nome a dio.

Mentre dio batte i tappeti dalla polvere

nel suo tempio.

E non ascolta, sordo, la bomba a orologeria

che scoppia nelle vicinanze.

Questa poesia è caduta nelle mani

dell’odio delirante e si dibatte tra la vita e la morte.

Nella sua stessa casa oltragiata.

Difendo

il parlare d’amore

sebbene non sia il momento adatto

e sembri assurdo.

Altro sogno, una specie di zagara

che riempie d’acqua tutti i distributori

e che l’acqua segue il suo legittimo corso.

(Carmen Yáñez)

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